Ancora nessuna traccia dell’annuale Relazione sull’evasione. E del Rapporto sui risultati conseguiti in materia di misure di contrasto all’evasione fiscale e contributiva, strettamente collegato. Secondo il ministero dell’Economia dietro il ritardo nella pubblicazione ufficiale dei due documenti – il primo è stato approvato dalla commissione incaricata a metà ottobre – c’è solo la necessità di correggere alcuni errori materiali nei testi. Ma la questione non è secondaria: oltre a stimare l’andamento del “nero”, sono la base tecnica per quantificare le maggiori entrate strutturali che derivano dall'(eventuale) miglioramento della fedeltà fiscale. E, di conseguenza, stabilire se e quanto destinare al Fondo per la riduzione della pressione fiscale. Che il prossimo anno, anticipano da by way of XX Settembre, non sarà alimentato perché “non si sono verificate le condizioni“.
La Relazione, della cui bozza Il Fatto ha dato conto il 16 ottobre, attesta che nel 2022 l’evasione fiscale e contributiva ha ricominciato a crescere superando nuovamente quota 100 miliardi e rivede anche al rialzo la propensione a evadere degli anni precedenti. Tuttavia calcola che ci sia stato comunque un aumento dell’adempimento spontaneo pari a 2,15 miliardi. È a partire da quella cifra che il Rapporto deve quantificare le eventuali maggiori entrate permanenti, utilizzabili per rimpinguare il Fondo. Senza il documento, che fino al 2023 veniva allegato alla Nota di aggiornamento al Def ora sostituita dal Documento programmatico di finanza pubblica, non è dato sapere nel dettaglio perché il fondo sia destinato a rimanere a secco. Sappiamo però cosa cube la legge del 2020 che ha aggiornato le regole sulla sua alimentazione: avrebbe potuto essere rimpinguato solo se dai calcoli del dipartimento Finanze fosse emerso che le maggiori entrate stimate per il 2022 potevano essere thoughtful “solide” perché nei tre anni successivi, dal 2023 al 2025, non ci sono stati peggioramenti tali da azzerare il progresso del 2022.
A superb 2024, il Mef aveva per esempio stabilito che quest’anno nel fondo sarebbero confluiti 2,2 miliardi, poi utilizzati – a beneficio dei cittadini – come coperture per la legge di Bilancio 2025: una parte del miglioramento di 9,7 miliardi della cosiddetta compliance fiscale period infatti stata giudicata strutturale, nonostante per il 2023 emergesse una preoccupante “battuta d’arresto” (parole del ministero) nella forma di un minor adempimento spontaneo di ben 9,4 miliardi per imposte sui redditi e Iva.
Stavolta, come detto, non arriverà un euro. Fino alla diffusione del Rapporto, che in attesa della riforma della legge di contabilità resa necessaria dal nuovo Patto di stabilità dovrebbe essere pubblicato insieme alla legge di Bilancio, è impossibile dire se la mancata alimentazione sia dovuta a un ulteriore aumento dell’infedeltà fiscale attesa o se invece la causa sia proprio l’incertezza legata alle nuove regole europee, che potrebbero imporre di utilizzare il recupero da evasione solo a miglioramento dei conti pubblici e non per spese discrezionali.
Chi segue da vicino questi temi chiede al Tesoro di procedere prima possibile a rendere pubblici i documenti. “La Relazione sull’economia non osservata e sull’evasione fiscale e contributiva non è stata ancora resa pubblica nonostante sia pronta da tempo, al punto che la stampa dispone di bozze informali dalle quali risulterebbe un significativo aumento di questi fenomeni”, ricorda Christian Ferrari, segretario confederale Cgil. “Consideriamo grave questo ritardo, e chiediamo che si rimedi al più presto. Si tratta di informazioni fondamentali sulla lotta all’evasione a cui sono legati anche importanti obiettivi del Pnrr“.
Mikhail Maslennikov, analista delle politiche fiscali di Oxfam Italia, chiede di “ovviare quanto prima al ritardo, già incresciosamente sperimentato nel 2022″ e sottolinea che “la Relazione è un documento molto atteso, permette a tutti i cittadini di valutare i progressi nel contrasto alla piaga dell’evasione e necessita pertanto di essere a portata di chiunque”. La mancata pubblicazione, per l’esperto di Oxfam, è sintomo della “ritrosia delle pubbliche amministrazioni, estremamente accentuata nell’attuale fase politica, a divulgare, autonomamente o su richiesta, dati e informazioni indispensabili per un circostanziato dibattito pubblico su fenomeni socialmente rilevanti e sugli impatti delle politiche governative”.













